“Cosa la gente non ha capito della moda” Tutti i motivi per cui la Cinica non ha ragione.

Questo è un articolo abbastanza rilevante per me in questo momento per varie ragioni. Il più importante è che si tratta del primo articolo dal restyling del blog, poi vi spiegherò tutto. Il secondo motivo è che questo post mi carica di diverse responsabilità, tutte quelle che il web addossa a chi si espone su un argomento dichiarando di possedere informazioni utili a confutare la tesi di qualcun altro. Per fortuna non sono sola, ci sono tantissime ragazze che ringrazio che si sono gettate nel polverone e hanno argomentato la discussione con nozioni estrapolate da esperienze dirette.

Ad innescare l discussione è stata l’intervista di Cristina Fogazzi aka Estetista Cinica per Repubblica in cui l’imprenditrice tira in ballo la moda come responsabile della problematica delle taglie nell’abbigliamento denunciando taglie poco veritiere o difficilmente indossabili per fisici più formosi. Per chiarezza vi lascio quì l’estratto della diretta pubblicato dal quotidiano

Da queste dichiarazioni si è scatenato subito un passaparola di indignazione da parte degli addetti ai lavori del settore fashion. Quello che posso fare io ora è dirvi perchè la Cinica non ha ragione, non per andare contro la sua persona ma quanto per confutare un’opinione semplicistica a favore di argomentazioni supportate da fatti e esigenze tecniche.

La sfilata: la magrezza in passerella.

Uno dei punti toccati nell’estratto e di cui si parla spesso in maniera errata è quello della magrezza in passerella. I fatti parlano chiaro: ci sono stati, ci sono e ci saranno degli aspetti malati rispetto alla magrezza nel mondo fashion e ci sono modelle che hanno calcato passerelle importantissime che hanno fatto della loro esperienza una denuncia e una testimonianza. Sono le modelle che subiscono pressioni fisiche e psicologiche in prima persona perciò questa battaglia spetta a loro che hanno i mezzi, i modi e le conoscenze per affrontarla. Nel supportare qualsiasi lotta di questo tipo e tralasciando (ci vuole un articolo a parte) la problematica, vorrei concentrarmi sul perché vengono scelti determinati corpi per le sfilate. In parole povere comandano i soldi. Esempio spicciolo pratico: un abito da passerella ha un costo elevato per materiali e realizzazione perchè parliamo di pret-a-porter di lusso o di Haute Couture; quell’abito nella sua taglia più piccola che chiameremo 38 ha tot. ore di realizzazione per tot. metri di tessuto per nX di ricami. Questo abito in una 38 costa 10, in una 52 costa 1000. Per riassumere, scegliere una taglia piccola permette di abbattere i costi di produzione dell’abito in quanto si impiega meno tessuto e si impiegano meno artigiani per meno ore.

La seconda ragione dietro questa scelta sta nella funzione stessa dell’abito che nasce per essere indossato in sfilata e fotografato, presentato ai buyer anche con altri eventi connessi, destinato al settore press per editoriali. In tutto questo intervengono modelle diverse e varie modifiche. Infatti l’abito viene continuamente modificato fino a pochi attimi prima della sfilata per passare dalla modella di fitting in sartoria/studio alla modella da passerella (che viene scelta per incarnare il mood della collezione visto che si tratta di una presentazione al mondo). E non finisce quì. Come già detto l’abito potrebbe essere reso disponibile per finalità editoriali e dovrà eventualmente essere adatto a qualsiasi modella scelta dal team del magazine. Si tratta di omologazione fisica, sicuramente, ma per fini tecnici. A questo vorrei aggiungere lo studio dell’abito che viene creato e proporzionato per quella precisa taglia e su un preciso corpo: su un corpo diverso avrà delle proporzioni completamente diverse e per questo viene poi in questi casi ristudiato su altre taglie o fatto su misura.

Moda come arte VS moda come abbigliamento

Il titolo dice già tutto, la Moda che vediamo sfilare in passerella è un’arte vera e propria in cui ci sono creativi che invece di dipingere tele fanno vestiti. Ve la faccio breve: un Monet e una stampa di Desenio sono praticamente due quadri ma con destinazioni di audience ed utilizzo diverse. La moda come abbigliamento nasce dal bisogno di vestirsi e dalla volontà di farlo seguendo i trend dettati da quell’altra Moda citata prima, dietro ci sono tutte le dinamiche del retail che non è altro che un’industria che guarda al centesimo. Ragionando in questo senso possiamo dire che il processo di delocalizzazione della produzione attuato con la volontà di risparmiare ha fatto si che ogni fabbrica producesse abiti (settore fast fashion e medio) con un sistema taglie diverso relativo ai paesi produttori vedi Bangladesh, Cina ecc. Se facciamo shopping in uno di questi retailer troveremo un sistema taglie figlio di una produzione in paesi così detti “in via di sviluppo” che non rispecchiamo la conformazione fisica e il sistema taglie di noi italiani. Ne consegue che potremmo passare da una 40 a una 44 senza un motivo reale, semplicemente per ragioni tecniche.

Come evitarlo? E’ praticamente impossibile se pensiamo che ogni brand avrà il suo sistema taglie. L’unico modo per avere un indumento che rispetti precisamente la nostra forma fisica sarebbe farlo realizzare su misura. Che è quello che avviene con gli abiti con alcuni abiti da sposa o con gli abiti d’ Alta Moda.

Con questo voglio dimostrare che associare le taglie di negozio alla fisicità delle modelle in passerella è totalmente sbagliato perché stiamo parlando praticamente di due industrie diverse.

La balla delle taglie piccole oggi

Mi è successo da Zara qualche mese fa: ho dovuto acquistare la XS di uno slip dress perchè le mie taglie abituali mi andavano enormi. No, non sono passata da una XS ad una M a tempi record, è cambiato il sistema delle taglie. Le taglie sono state letteralmente ingrandite per eliminare quel senso di frustrazione della “taglia in più” che ci scoraggia anche se stiamo benissimo e siamo nella nostra migliore forma. E perchè, per abbondanza di risorse, stile di vita ed evoluzione ad oggi siamo più pesanti di 50/60 anni fa. Pensiamo al mercato americano ad esempio, le quali taglie erano state approssimativamente stabilite nell’era industriale misurando un campione di donne: tutte bianche, perlopiù denutrite. Il risultato è stato frustrante sin dal principio con un abbigliamento che esclude un preciso tipo di donna. Dieci anni dopo è stato rivisto tutto ed è stato stabilito un sistema che è poi quello attivo oggi. La stessa cosa è avvenuta oggi (mi concentro sull’Italia) per l’abbigliamento di alcuni brand fast fashion che poi appartengono quasi tutti allo stesso gruppo. Quindi non è vero che le taglie sono sempre piccole, è vero che sono sempre DIVERSE ma sono anche state rese più comode.

Ci sono donne normali in passerella

Nell’intervista sento dire che non basta far sfilare modelle curvy, bisognerebbe dare spazio a donne normali. Tralasciando la mia avversità per una parola che significa totalmente il nulla nel 2021, vi dimostro con una gallery che ci sono sfilate che hanno avuto per protagoniste donne dalle diverse fisicità alcune delle quali rendono facile l’immedesimazione.

1 Camila Coelho- influencer sfila per Ralph&Russo Haute Couture SS 2018. La Coelho è molto magra e atletica ma è alta 1,62m

2 Tre modelle curvy dalle fisicità piuttosto diverse debuttano per la prima volta su una passerella Versace (SS21), sono Jill Kortleve, Alva Claire e Precious Lee.

3 Barbara Palvin nel 2019 calca la passerella di Victoria’s Secret. Molti erroneamente la definiscono plus-size, in realtà la Palvin ha un corpo che qualcuno definirebbe normale.

4 Annie Mazzola sfila per Dolce&Gabbana nel 2018

5 Tre corpi bellissimi e diversissimi in uno scatto Dolce&Gabbana.

Sensibilizzare, non discriminare

Alzare polemiche sterili può essere pericoloso e fuorviante soprattutto se si gode di una certa attenzione da parte di un pubblico che include anche giovanissimi. Il problema più grande di un discorso come quello in questione è che risulta fin troppo facile vedere le donne magre come le “privilegiate” dal settore abbigliamento o moda. Trovare un colpevole all’interno di una società ingiusta e arretrata sembra essere indispensabile, eppure nessuna delle nostre amiche skinny per natura ha scelto di essere la preferita di stilisti e retailer. Non possiamo far passare il messaggio che magro in passerella è negativo senza indagare le cause. Ne risulterà che magro è il male sempre, anche per strada e che il corpo diverso da quello è automaticamente stigmatizzato nei negozi. Piuttosto potremmo dire che classificare il corpo, puntare il riflettore sul disagio di “essere una taglia in più” in quel negozio, confondere le modelle con degli standard estetici nella vita comune è sbagliato. Generalizzare come sempre è deleterio, dare informazioni approssimative ancor di più. Se vogliamo dirla tutta a parer mio bisognerebbe portare le donne ad amarsi, esortarle a non affidarsi a nessun modello, aiutarle a rendere il proprio corpo adatto a se stesse e non prepararlo alla guerra con l’amica magra. L’obiettivo, a meno che non sia richiesto dalla salute, non è entrare nelle 48 di H&M. L’abbigliamento potrebbe al contrario aiutarci a rendere giustizia al nostro corpo valorizzandolo adlila del numero scritto sull’etichetta. Se i retailer non rispettano i nostri corpi dobbiamo indagarne la ragione, fare i conti con i prezzi e con le modalità di produzione e le politiche dietro queste aziende. Questa è l’epoca dell’armocromia in cui insegniamo alle ragazze che non possono indossare tutti i colori, penso che basti questo. Facciamo leggere la nostra forma corporea da consulenti e stylist come me, ma non comprendiamo ancora in questi standard eventuali nostre caratteristiche specifiche perché non siamo pronte a non standardizzarci. Ah e le donne magre, non indossano vestiti che sembrano da bambina, come quelle curvy non indossano vestiti che sembrano tovaglie come ho sentito spesso dire. Per concludere la carrellata degli approfondimenti vorrei dire che lo stesso problema delle taglie sollevato è relativo anche agli uomini che, nonostante vengano classificati tutti con la stessa fisicità dai retailer e nonostante non abbiano tante forme diverse come le donne, spesso non rientrano in questi standard mainstream. Un esempio di abbigliamento che veste una fisicità maschile diversa è lo streetwear che fa riferimento alle taglie anni’80 dell’abbigliamento da strada utilizzato soprattutto dalla comunità afroamericana. Rappresenta ad oggi l’unica alternativa per gli uomini che vedono in passerella quello che vediamo noi con delle eccezioni, gli stessi passi avanti che ho citato per le donne.

Vorrei concludere dicendo che fare della sensibilizzazione spicciola che non comprende cause ne soluzioni è qualcosa che in generale non mi piace, ma non accuso nessuno di nessuna colpa, piuttosto di leggerezza nell’affrontare argomenti che invece sono complessi e dolorosi per tantissimi. Il tutto supportato dalla stampa ufficiale.

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